Metallurgia dello Zinco

    • Miniere di Gorno

A.M.M.I. s.p.a.
STABILIMENTO DI ZINCO ELETTROLITICO DI PONTE NOSSA
REPARTO FUSIONE
LINGOTTATRICE PER ACCATASTAMENTO DI PANI DI ZINCO DA 25 Kg

METALLURGIA DELLO ZINCO
L’estrazione elettrolitica dello zinco, avviene partendo da minerali preconcentrati sottoposti ad arrostimento o calcinazione convertendo i composti dello zinco in ossidi solubili in acido solforico.
Il processo è suddiviso in cinque stadi:

1. Arrostimento – Calcinazione
Blenda (solfuro di zinco) ZnS+3/2 di O2= ZnO+SO2 (con forte sviluppo di calore)
calamina (carbonato di zinco) ZnCO3 + calore= ZnO+CO2 + H2O (il carbonato già solubile in acido viene calcinato per eliminare CO2,fluoro e cloro

2. Lisciviazione.

ZnO *H2 SO4 =ZnSO4 +H2O
La lisciviazione acida del minerale arrostito porta in soluzione molti elementi che occupano un posto più nobile dello zinco nella serie elettrochimica. Anche se presente in quantità modeste alcune di queste impurezze possono rendere impossibile la deposizione dello zinco o provocare fluttuazioni intollerabili di rendimento faradico durante le quali parte dello zinco depositato può ritornare in soluzione.

3.  Depurazione
La fase di depurazione va condotta in modo da ridurre quanto più possibile la dissoluzione di tali impurezze.

4. Elettrolisi
Nel processo di elettrolisi si ha un cambiamento dello stato chimico delle sostanze in soluzione al passaggio della corrente elettrica che produce effetti elettromagnetici sulle stesse sostanze. Lo zinco allo stato ionico caricato positivamente si sposta nella soluzione migrando al polo negativo (catodo) ove neutralizza la sua carica e si depone sotto forma di strato metallico.
L’impianto elettrolitico di Ponte Nossa era costituito da numero 216 celle di elettrolisi poste in cascata a gruppi di tre celle e n. 19 celle alimentate singolarmente.
Le celle unipolari di cemento con rivestimento interno di materiale sintetico di capacità 3200 litri corredate sulla parete esterna di barre di rame per il flusso di energia elettrica, erano poste in una sala di 50 X50 metri.
In ogni cella erano posizionati a una distanza di 7 cm l’uno dall’altro n. 36 catodi di alluminio delle dimensioni 1000×700 mm e 37 anodi di piombo in lega con l’ l% di argento interposti fra due catodi e leggermente più piccoli dei catodi stessi.
I catodi collegati al polo negativo della sorgente elettrica avevano i bordi protetti da una cornice di gomma isolante per impedire la saldatura marginale dei due strati di zinco e favorirne il distacco. Gli anodi collegati al polo positivo della sorgente elettrica erano in lega con argento più resistente alla dissoluzione dell’acido solforico e quindi meno inquinanti per il deposito catodico.
L’alimentazione delle celle di testa, era composta da una miscela di soluzione depurata neutra proveniente dalla depurazione e da una parte dell’elettrolito esausto acido di ritorno dalle celle. La sua composizione era di 108 gr/lt di acido solforico, 75gr/lt zinco a 25°c di temperatura ottenuta con uno scambiatore a pacchi (Rosembland) in contro corrente con acqua fredda.
Il raffreddamento della soluzione era indispensabile per contenere entro 40°c l’aumento della temperatura per effetto joule dovuto al passaggio della corrente nella soluzione.
Temperatura che oltre a favorire la dissoluzione degli anodi, diminuisce la sovratensione dell’idrogeno che potrebbe annullare la scarica dello zinco essendo il comportamento dello ione idrogeno uguale al comportamento di un metallo).
La soluzione di alimentazione, veniva addizionata di solfato di stronzio (per la formazione di solfati misti di piombo insolubili) e solfato di alluminio (per facilitare il distacco del deposito e colla di pesce (per favorire una distribuzione uniforme della corrente elettrica sul catodo.
Elettricamente le celle erano collegate in serie ed alimentate da corrente continua con una tensione di cella oscillante tra 3,1 a3,7 volt (valore teorico 2 volt) a causa della polarizzazione ohmica e della sovratensione dell’ossigeno . La spesa energetica si aggirava intorno 3220 Kwh/ton per una produzione media giornaliera di circa 94 ton.
I catodi posti nelle celle per un periodo di 24 ore venivano estratti dalle stesse a gruppi di nove mediante paranco elettrico e trasportati su di un cavalletto di appoggio lavati con acqua corrente e privati del deposito di zinco dall’operatore. Successivamente i catodi padre in alluminio, dopo opportuna levigatura con apposite spazzole di acciaio, venivano reimmessi nelle proprie celle di elettrolisi per un successivo ciclo di elettrodeposizione di 24 ore.
I catodi figli, costituiti dallo zinco rimosso, indicizzati e campionati per l’analisi di laboratori venivano collocati in apposite gabbie di ferro e posti in posizione verticale per consentire lo sgocciolamento dell’acqua di lavaggio, quindi trasportati con un carrello elettrico sulla parte soprastante la fusione e immagazzinati in prossimità dei forni fusori.
Terminata l’analisi chimica del prodotto le gabbie ritenute non idonee per la produzione di zinco puro venivano individuate declassante e immagazzinate in prossimità del forno per lo zinco elettro o zinco legato con piombo.

5. Fusione.
Il deposito di zinco viene fuso nei forni fusori e trasformato in panetti di iperpuro, elettro o in lega con piombo alluminio magnesio rame e altri elementi secondo le caratteristiche e composizione indicate nella normativa UNI 3717 E 3718.
Ulteriore trasformazione dello zinco metallo avviene nell’impianto di produzione ossido di zinco per distillazione e immediata ossidazione in corrente di aria.

II reparto fusione era costituito da cinque forni fusori dotati di lingottiere semi automatiche.
Il forno numero 1 da 100 ton. riscaldato da 2 bruciatori a metano da 50mc/h era predisposto per la produzione di zinco elettrolitico.
Il forno numero 2 da 40 ton. riscaldato da un bruciatore a metano da 40mc/h era predisposto per la produzione di zinco puro 99.995%.
Il forno numero 3 da 30 ton. riscaldato da un bruciatore a metano da 30mc/h era predisposto per la produzione di lingotti in lega Zn/Al/Pb.
Il forno SIEMENS da 20 ton. ad energia elettrica era predisposto per la produzione di lingotti in lega Zn/Pb.
Il forno DEMAG da 11 ton ad energia elettrica era predisposto per la preparazione delle leghe Zn/Al/Mg .
Il forno veniva alimentato con zinco fuso travasato dal forno n. 2 mediante pompa in grafite.
Il forno CALAMARI da 3,2 ton. ad energia elettrica era predisposto per la produzione di lingotti da 800 kg in lega Zn/Al/Pb veniva alimentato con zinco fuso travasato da forno n. 3 mediante pompa in grafite.
Il ciclo di lavorazione di questo reparto avveniva alimentando i forni fusori n. 1 – 2 – 3 e SIEMENS (con battente perenne di zinco fuso) con lastre di zinco tramite uno scivolo di acciaio posto fra la parte superiore di immagazzinamento catodi e il centro del forno.
Dai forni fusori l’estrazione del metallo avveniva tramite pompe in grafite mosse da aria compressa.
Gli operatori addetti alla produzione di leghe di zinco gestivano oltre che il forno fusorio anche i forni ad induzione DEMAG e CALAMARI ove avveniva la giunta dei leganti e relativa omogeneizzazione della lega prima di essere colata negli stampi.
I lingotti durante la fase di metallo ancora fuso venivano ripuliti dalle metalline che affioravano in superficie prima della fase di solidificazione con acqua fredda.


docufilm descrizione storica e processo

video animazione del processo versione lingua inglese

depliant informativo A.M.M.I.