Riconoscimento ai minatori deportati nei campi di lavoro in Germania

Condividi sui social network

GIORNATA DELLA MEMORIA 2016 – PER NON DIMENTICARE –

IL 27 GENNAIO 2016 VERRANNO CONSEGNATE DALLA PREFETTURA IN S.AGOSTINO 16 MEDAGLIE D’ONORE AI MINATORI DELLA VALLE DEL RISO DEPORTATI IN GERMANIA NEL CAMPO DI LAVORO DI KAHLA IN TURINGIA

 

 

 

 

La ricerca e l'espletamento delle pratiche per la richiesta del riconoscimento è stata curata dall'associazione le Officine del Grem 1.0

 

 

Descrizione dei fatti:

 

Il rastrellamento

L’11 aprile 1944 a Campello , il villaggio minerario di Gorno , in una retata da parte dei tedeschi molti minatori gornesi e onetesi vennero caricati su un camion e portati fino alla stazione ferroviaria di Ponte Nossa; da qui con il treno furono deportati in Germania. A quell’epoca le miniere erano gestite dalla S.A. Nichelio e Metalli – Gruppo di Gorno, facente parte del gruppo A.M.M.I.
I minatori di Gorno deportati in quell’occasione (salvo omissione involontaria) furono: Cabrini Martino(classe 1923), Cabrini Giulio (1925), Cabrini Palmino (1925), Calegari Giulio (1920), Calegari Pierino (1923), Gibellini Gino (1925), Gibellini Luigi (1926), Gibellini Pierino (1924), Grassenis Maurizio (1923), Guerinoni Sperandio (1925), Maringoni Lino (1924), Perani Alberto (1925), Poli Stefano (1924), Quistini Emilio (1923) Quistini Pietro (1925), Quistini Pietro (1926), Quistini Sperandio (1925), Serturini Giovanni Pietro (1921), Varischetti Giacomo (1925), Varischetti Pietro Giuseppe (1916) e Zanotti Emilio (1921); quelli di Oneta furono: Epis Giacomo (classe 1923), Pizzamiglio Gabriele (1924), Poli Ettore (1923), Rodigari Giovanni (1923) e Borsari Giuseppe (1921), di Chignolo d’Oneta).
Qualcuno però riuscì a fuggire. Quando l’autocarro giunse alla curva a gomito prima dell’abitato di Fondo Ripa, dove c’è la santella “Regolini” ed inizia il sentiero che porta alla chiesa parrocchiale, alcuni minatori riuscirono a scendere e rimasero sdraiati per terra. Non appena il camion scomparve oltre le case risalirono lungo il sentiero verso la parrocchiale, quindi si dispersero andando a rifugiarsi in luoghi diversi.

Il campo di lavoro di Kahla

 

 

Gli altri minatori invece vennero tutti deportati nei campi di lavoro di Kahla, una cittadina della Turingia, e messi a lavorare in un impianto industriale ospitato in gran parte in gallerie sotterranee scavate sotto l’altura di Walpersberg, in vecchie miniere di sabbia per porcellana, dove dall’aprile 1944 vennero realizzati i primi aerei a reazione Messerschmitt Me 262.
La maggior parte dei deportati “rastrellati” a Campello furono assegnati al campo di Rosengarten. I campi di lavoro di Kahla erano dieci ed erano distinti in “costruttivi” e “ produttivi”. Le condizioni di vita erano peggiori nei campi “costruttivi” ove erano internati i nostri minatori, impiegati nella costruzione di gallerie. Sino al termine della guerra ne sarebbero state scavate 75 e per uno sviluppo di 32 chilometri e una superficie di circa 10.000 metri. Nei campi “produttivi”, ove erano internati gli operai che costruivano gli aerei, la vita era un po’ meno grama.

Nei campi di Kahla lavoravano 15.000 circa persone e le morti per stenti, fame (il pane era composto di segale e segatura di pioppo) e maltrattamenti furono 6.000 circa. Gli internati dovevano compiere tutte le mattine un tragitto a piedi di 6 km per arrivare sul posto di lavoro, che iniziava alle sei e durava sino a dodici ore; ogni tre o quattro ore avevano pochi minuti per mangiare un tozzo di pane ed alla sera ritornavano nelle camerate stanchi ed affamati. Ma questo era nulla in confronto alla violenza dei sorveglianti.
Nel marzo 1945, nell’imminenza dell’arrivo degli Alleati, per gli operai di Kahla fu emessa una sentenza di morte. Dovevano essere portati tutti nelle gallerie, poi gli imbocchi sarebbero stati fatti saltare. L’incarico venne dato a un maggiore della Luftwaffe, Georg Poltzer, il quale però non eseguì l’ordine, probabilmente per un freddo calcolo. Le truppe americane erano già vicine, la guerra era ormai persa, e di questo grave crimine avrebbe dovuto rispondere a un tribunale alleato.
Giusto un anno dopo che i nostri minatori erano stati “rastrellati”, l’11 aprile 1945 i tedeschi evacuarono i campi. I prigionieri vennero fatti marciare per giorni e notti senza una meta apparente, sotto la sorveglianza armata della milizia popolare nazista con cani poliziotto.

La liberazione

Nel frattempo tra il 12 ed il 13 aprile l’intera zona di Kahla era caduta in mani Alleate. Una mattina al risveglio i prigionieri non trovarono più le guardie, erano stati abbandonati. Ben presto però incontrarono delle truppe americane. Il ritorno a casa dei nostri deportati avvenne poi in tempi diversi: chi a giugno, chi a luglio ed agosto del 1945.

Grassenis Maurizio nel 1987 ha lasciato una testimonianza che si riporta integralmente:

“Il sottoscritto Grassenis Maurizio nato il 14.9.1923 a Oneta, residente a Gorno in via Lungo Riso, dichiara di essere stato deportato civile in Germania e internato nel campo di concentramento di Kahla, Turingia. La partenza avvenne in data 11 aprile 1944. La prigionia ha avuto la durata di 16 mesi. Durante la suddetta prigionia sono stato costretto a svolgere un’attività lavorativa giornaliera di 11 ore per la costruzione sotterranea di uno stabilimento. Dichiaro inoltre che l’alimentazione era insufficiente e il trasferimento giornaliero di noi prigionieri dal campo di concentramento alla zona di lavoro e viceversa avveniva sotto strettissima sorveglianza di unità di Polizia Tedesca. Data la scarsa nutrizione e le cattive condizioni ambientali e di vitto molti dei miei compagni persero la vita. Ad avvalorare questa mia dichiarazione, se richiesto, posso fornire le testimonianze dei miei compagni che hanno con me condiviso questa prigionia e che tuttora vivono nel mio paese”.

 

 

L’ex voto al Ss. Crocifisso

 

 

Tutti i deportati gornesi ritornarono alle loro famiglie, tant’è vero che fecero realizzare un “ex voto”, tuttora conservato al santuario del S.S. Crocifisso; il quadro riporta questa iscrizione: “Dalla dura prigionia tedesca tra immensi pericoli liberati e condotti in patria questi giovani di Gorno sciolsero al divin Crocifisso l’espressione devota della loro eterna riconoscenza”.

Ma quante volte durante la prigionia le loro mamme e sorelle si erano recate a piedi scalzi al “Crocifisso”, invocando l’aiuto del Signore per la loro liberazione. Anche tutti i deportati di Oneta fecero ritorno alle loro case.
Durante la prigionia nei campi di concentramento di Kahla i nostri minatori ebbero l’occasione d’incontrare un altro deportato, gornese non di nascita ma d’adozione, Consoli Ulderico, che purtroppo vi perse la vita.
Quanto scritto trova riscontro anche in quanto riferito dal deportato Calegari Pierino, recentemente scomparso.
Oltre ai minatori deportati, in quegli anni altri giovani della nostra valle vennero  tenuti prigionieri in campi di concentramento tedeschi. Si ricordano: Gibellini Mosè (classe 1922) nel campo di Ammer, Serturini Mario Antonio (1924) a Buchenwald, Guerinoni Giovanni Angelo (1922) e Corlazzoli Benvenuto (1915) ad Amburgo, Guerinoni Emilio Mario (1916) a Ermestein, tutti di Gorno e Borlini Giuseppe (classe 1923) di Chignolo d’Oneta a cui venne minacciato l’incendio della casa qualora non si fosse consegnato ai tedeschi.

 

(Amerigo Baccanelli)