Laveria di Oneta
Miniere di Gorno
Laveria gravimetrica di Oneta
Tratto da “LE MINIERE DI ZINCO, DI PIOMBO E DI RAME”
Di Giovanni Rinaldi (1940)
“E’ doveroso far cenno anche delle miniere di zinco, dato che esistono nel Bergamasco giacimenti molto ricchi, ed in una zona assai vasta delle medie Valli Brembana e Seriana; monti di Oltre il Colle, di Dossena, di S. Pietro d’Orzio, di Camerata Cornello, della Valle del Riso, di Parte e sulla Presolana.
Quanto all’epoca in cui questi giacimenti vennero scoperti e se ne iniziò la escavazione, non si hanno notizie sicure. C’è chi afferma che la coltivazione di queste miniere, risalga addirittura all’epoca preromana; chi asserisce che non rimonti oltre l’epoca longobarda; e chi invece sostiene, e con ottimi argomenti, che risalga all’epoca romana.
E’ poi a ritenere, che le prime ricerche siano state eseguite nella Valle del Riso. Ciò almeno è logico arguire da ruderi di antiche officine scoperti Gorno, dove si ritiene che si fabbricasse ottone; da antiche escavazioni a forma di pozzo quadrato, scoperte sul monte dell’acqua presso Premolo, e da bronzi rinvenuti in scavi eseguiti a Parre in località Castello: bronzi che il Mantovani giudica si possano attribuire addirittura all’epoca preromana.
Antiche ed assai estese escavazioni si trovarono nel gruppo minerario di S. Pietro d’Orzio, Dossena e Vaccareggio. Queste, anzi, sembra si possano senz’altro attribuire all’epoca romana, sia per la forma dì alcune gallerie, capaci appena di un uomo sdraiato (cm, 30×40); sia per gli strumenti rinvenutivi e che servivano per la escavazione, quali scalpelli, cunei e picconi di ferro, in tutto identici per la forma a quelli in uso presso i romani, lumi di terracotta e di metallo; sia, infine, per l’accenno che ne fecero Giorgio Agricola e Plinio, accenno che ai vuole si riferisse anche a queste miniere di calamina.
Mentre, infatti, il primo scrisse: «Fuerunt insuper in alpibus Salasorum aeris fondinae, Italorum in Bergomatum agro et Campania», Plinio, che poteva conoscer molto bene il territorio di Bergamo, per avervi abitato, scrisse:
« Fit aes et e lapide aeroso, quein vocant cadmiam. Celebritas in Asia et quondam in Campania; nunc in Bergoinatum agro, extrema parte Italiae ».
Anche sulla Presolana presso il lago Pulzone, si rintracciarono piccoli scavi, risalenti ad epoca assai remota.
Da queste considerazioni, si arguisce potersi affermare quasi con certezza, che le miniere di zinco di Parre, della Valle del Riso, di S. Pietro D’Orzio e di Dossena, erano conosciute e coltivai» fino dall’epoca romana, se non anche da qualche secolo prima.
Relativamente invece alla continuità della loro coltivazione, non si può dir nulla con certezza.
Si può soltanto affermare, che furono coltivate nel periodo della dominazione veneta, se è vero che in detto periodo sui monti di Dossena, oltre uno sfruttamento di manganese, cui il mercato lagunare apriva tosto le braccia per sostituire il prodotto che «poche tempo fa» veniva «dalla parte di Costantinopoli», vi era anche una lavorazione di tucia e talamina, che il governo Veneto concesse di esportare all’estero.
A. questo punto vien fatto di chiedersi, come mai gli antichi coltivassero queste miniere, dal momento che lo zinco era loro sconosciuto come metallo, essendo stato scoperto solo verso il 1700.
La spiegazione che se ne suol dare, è questa: che ritenessero la calamina un semplice fondente, atto, mescolato col rame, a dare ottone. Ed infatti essi, come si è potuto constatare in modo indubbio, estraevano soltanto minerale della stessa natura di quello che si coltiva oggi, e di tal minerale non raccoglievano che le qualità ricche di carbonato, abbandonando i silicati.
Malgrado però la scoperta dello zinco, per molto tempo ancora queste miniere furono scarsamente coltivate, e soltanto per trarne calamine per far ottone,
Un vero sviluppo ebbero soltanto dopo il 1860, quando l’ing. Signorile, reggente l’ufficio montanistico di Bergamo, fece presente la possibilità di coltivazione della nostra blenda; e più esattamente nel 1868, colle ricerche fatte nei comuni di Gorno, Oneta e Oltre il Colle dall’avv. Sileoni, per incarico dei banchieri Mozzoni e Garnier, ai quali, falliti, si sostituì, nel 1870, l’inglese Richardson.
Questi nel 1881 riprese i lavori al lago Pulzone, già iniziati e poi abbandonati da Alberto Abati; e nello stesso anno consegnò alla The English Crown Spelter C° Ltd., le miniere della Val del RISO e della Presolana.
Nel 1876 l’inglese Gibson, coi banchieri livornesi Modigliani, inizia i lavori a Trevasco, monte Arera, Vaccareggio, Dossena, S. Pietro d’Orzio; ma nel 1882, per dissesto, le miniere passano alla Banca Romana; e nel 1888, per fallimento di questa, alla English Crown Spelter C° Ltd.
Nel 1885 Botticelli e Rcinach scoprono le miniere di Cespedosio, che nel 1891 sono assunte dalla Società Metallurgica Austro-Belga.
Nel 1904 la Società Orobia di Lecco acquista la miniera di Corna Rossa, in Comune di Piazza Brem-bana, scoperta nel 1899 dall’ing. Druetti; ma l’abbandona ben presto.
La Società Vieìlle Montagne, che ne] 1877 aveva ottenuto i primi permessi di ricerche, sotto la oculata direzione dell’ing. Luigi Noble ha ormai esteso la sua attività a quasi tutte le nostre miniere dì calamina, esistenti nei Comuni di Gorno, Premolo. Ponte Nossa, Parre, Oneta, Oltre il Colle e Dossena.
In questa industria verso il 1886 quando ancora stava affermandosi, erano occupati da 500 a 600 operai, e si scavavano tonnellate 15.000 circa di minerale ogni anno, per un valore di circa L. 500.000.
Secondo una statistica del 1911. In tale industria trovavan lavoro circa 1.500 operai, e si scavavano dalle 18 alle 20.000 tonnellate eli minerale, di cui 7/8 di calamina e 1/8 di blenda.
Il minerale, dopo passato alle laverie per togliere le scorie, viene spedito all’estero per esser fuso ed estrarre lo zinco.”
Informazioni tecniche sulla laveria di Oneta